Da un colloquio con Pietro Maroè

Pietro Maroè è un ragazzo di vent’anni che vive sugli alberi. Li cura, li ascolta. Ha i palmi delle mani del colore della loro corteccia. Racconta che ci è salito prima di cominciare a parlare: suo padre Andrea, agronomo, lo ha portato su in spalla, nello zaino, il primo dei suoi ricordi. “Sono sceso dagli alberi e ho imparato a camminare”. Vive vicino a Udine, a Collalto di Tarcento, e con un gruppo di amici ha fondato SuPerAlberi: il loro lavoro è studiare, misurare e curare gli alberi monumentali (ma anche quelli non, tutti gli alberi che abbiano bisogno quando qualcuno chiede di farlo).

Si chiamano “arbonauti”. Fanno tree climbing. Sono ingegneri e filosofi, informatici e studenti di Lettere. Il mondo visto dalla cima degli alberi è diverso, dice Pietro: sembra migliore, è più facile viverci quando scendi. Impari a stare sulla terra come ci stanno le piante. Con calma, con la massima capacità di adattamento. “Perché gli alberi, a differenza delle persone, non possono muoversi: ci hai mai pensato? Se tu hai caldo ti sposti all’ombra, se arriva una tempesta cerchi riparo, se la terra su cui poggi è instabile cerchi un posto più sicuro. Gli alberi no, sono piantati lì dove sono nati. E’ per questo che sono più resistenti, più duttili, più intelligenti – mi viene da dire – degli uomini. Devono fare con quello che c’è, adattarsi all’esigenza. Pensa se ci riuscissimo anche noi, sempre. Loro ci vedono passare, ci guardano, sanno”.

Pietro parla di alberi con un linguaggio pieno di rispetto e poesia. La timidezza delle chiome. “Sai cos’è? Hai mai visto nei boschi quella lama di luce che passa tra una chioma e un’altra, quando alzi la testa? La chioma dell’albero cresce, ma sa – sente – dove cresce l’altra e non si azzarda a toccarla. È timida. Quando l’altra chioma è vicina smette di crescere nella sua direzione. Non la invade, non la tocca”. La terra del cielo. “Sai cos’è? Certi alberi nelle zone tropicali hanno foglie cosi grandi e resistenti che ci finisce la terra dentro, terra che arriva dal vento, dall’acqua. E’ una terra che non ha mai toccato terra, è diversa dal terreno e le specie che nascono lì, gli organismi che ci crescono non esistono nel mondo di sotto. Vengono dal mondo di sopra”. E la storia del pomodoro e della salvia la sai? “Il pomodoro cresce meglio se accanto ha una pianta di salvia. Non so perché, ha le sue ragioni. Diciamo che al pomodoro piace avere la salvia vicina. Ma la cosa incredibile sai qual è? Che se tu metti una pianta di pomodoro e una di salvia sotto due campane di vetro, vicine, in un laboratorio – è un esperimento che hanno fatto – il pomodoro cresce lo stesso più rigoglioso, felice. Come fa a sapere che c’è la salvia? Non ha occhi, non vede. Allora come fa. E’ come quando tu senti che qualcuno ti pensa, credo”.

Dei parassiti che uccidono le palme, e gli ulivi, e tante altre specie Pietro dice che è solo una questione di tempo: non c’è da preoccuparsi, possiamo provare a curarle ma troveranno da sole come difendersi. “L’unica cosa è che sono lente, molto lente per la rapidità delle nostre vite ma dobbiamo imparare a contare con la loro misura, che nel caso degli ulivi è di secoli e millenni. Stanno lavorando. Ci stanno pensando. Siamo noi impazienti, incapaci di pensare con la misura dei secoli. Loro c’erano prima, ci saranno dopo”. Noi, impazienti del mondo di sotto.

Concita De Gregorio

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