Il Cedro Strozzato

Quella mattina c’erano tutti:

Andrea, il cervello del gruppo, l’inventore di SuPerAlberi, in cui tutti avevano fede, ma anche il vecchio burbero e brontolone, tanto che lo si prendeva in giro chiamandolo il “Numero uno” (quello del gruppo TNT per intendersi), Igor, l’uomo della motosega, discepolo fedele ma anche zingaro poco affidabile, Pietro, gran lavoratore e con tanto ingegno ma il figlio ribelle, Clio, l’esperta di biologico, un po’ donna un po’ fata, un po’ elfo dei boschi, Luisa, l’organizzatrice e la precisina del gruppo , che, anche per la sua dolcezza e fantasia si era guadagnata il titolo di Mary Poppins. E c’erano anche Elia, il più giovane del gruppo, il più pigro e il più filosofo, Claudio, un uomo che era coniugava inaspettatamente la passione di volare con quella di piantare gli alberi, Ariela, fotografa per diletto e infermiera per professione, Carlo, il nostro cineoperatore, che pur scontroso e serissimo aveva deciso di condividere questa azzardata avventura, Tommy, col suo drone per le riprese aeree, antico compagno di sogni e di giochi e infine Paola, la visionaria, che si occupava di audio e di post produzione e che dava le giuste dritte quando era necessario.

Tutto era pronto per iniziare l’avventura di SuPerAlberi, dopo molte traversie dovute sopratutto ad un’annata piovosa mai vista. Tutto era pronto per partire verso “il Cedro strozzato” di Tavagnacco.

Tutto era pronto, c’erano tutti, ma naturalmente mancavo io… o meglio … ero presente ma nessuno, a parte Andrea (che comunque spesso se ne dimenticava) lo sapeva. E già, Io c’ero e ci son sempre stata, ma nessuno lo sa, perché sono la donna invisibile. Ma proprio per questo tutto so e tutto posso raccontare, vista la mia essenza invisibile.

Luisa come al solito aveva portato le brioche e fu durante la sostanziosa colazione che il Numero Uno spiegò i piani per la giornata : “Andremo a Tavagnacco… da qui sono più di 18 km. E’ la prima uscita, quindi non sarà molto lunga ma ci servirà per mettere alla prova noi, i mezzi, i materiali e gli attrezzi. Attraverseremo la statale, per poi passare nei i campi e nelle carrarecce. Dopo 7 km di strade miste tra paesi e campagne entreremo nell’ Ippovia che da Buia arriva fino a Udine. E’ un percorso ciclabile molto suggestivo che tra coltivazioni e piccoli boschi costeggia il torrente Cormor… spero siate pronti e ben allenati perché avremo anche un guado da attraversare! Infine, se tutto va bene, dovremmo arrivare in centro a Tavagnacco. Proprio nella piazza c’è un bel gruppo di conifere… c’è anche un glicine secolare ma il nostro paziente è il cedro più alto. Oltre trenta metri. Il problema è che a circa 6 metri dalla cima c’è una strozzatura causata da un cavo vecchio in acciaio. Lo abbiamo rimosso quasi 2 anni fa, ma sono preoccupato per la salute dell’apice…”

Elia interruppe il monologo esplicativo di Andrea : “ Come sarebbe che sei preoccupato? Intendi dire che la strozzatura è pericolosa anche se il cavo che l’ha causata non c’è più?”

Andrea sbuffò, seccato per l’interruzione, e poi proseguì: “Il danno causato dalla strozzatura è sia un danno fisiologico , cioè impedisce il trasferimento di linfa elaborata, sia un danno strutturale poiché impedisce il corretto accrescimento dei tessuti di sostegno. Dobbiamo vedere se la pianta è riuscita a ripristinare, almeno parzialmente, il contatto tra le due zone cambiali, e determinare la stabilità meccanica della punta. Nel primo intervento avevamo posizionato un sistema di cavi in dynema per sostenerla in caso di rottura, ma è passato del tempo e…

Igor non lo lasciò finire e con la sua solita energia chiese : “Come siamo organizzati per il cantiere?”

Il Numero Uno lo fulminò con lo sguardo. Nella sua ricca quantità di pregi, la pazienza non era mai comparsa neppure all’orizzonte delle doti di Andrea. Stavo appunto – sottolineò alzando la voce – per parlarvi di questo: Tu, Io, Clio e Claudio saliremo per effettuare i rilievi e le operazioni in pianta. Tu Igor dovrai mettere in sicurezza la pianta eliminando eventuali rami secchi, rotti e/o pericolosi. Quindi, poichè utilizzerai la motosega elettrica devi portarti i dpi antitaglio, Claudio porterà il resistograph, Clio mi aiuterà nelle misure, Elia e Luisa faranno tutti i rilievi da terra, l’ assistenza per gli operatori in quota e inseriranno i dati in Georol. Tutti accennaroro di sì con la bocca ancora piena,

Andrea controllò ancora la mappa per verificare il percorso e,

mentre ognuno metteva la sua attrezzatura nelle sacche, continuò a sbraitare ordini un po’ a tutti. Pietro, sapendo che quel giorno non avrebbe potuto andare con la squadra a causa di altri impegni, a malincuore preparò le bici.

I cineoperatori continuavano a “girare” silenziosi, Ariela scattava foto e nell’euforia della partenza era logico che qualcosa dovesse scappare…

Solo Andrea e Igor , data la loro prestanza fisica, avevano da portarsi dietro un apposito carretto con gli strumenti più preziosi , delicati e pesanti.

La giornata, nonostante i precedenti giorni di pioggia, era abbastanza calda e soleggiata… l’ideale per cominciare un’avventura che nessuno ancora sapeva dove avrebbe portato.

Alla partenza, nessuno stava più nella pelle, qualcuno gridava, qualcuno cantava, Carlo non sapeva cosa filmare e il drone ronzava sopra le loro teste. Mentre dava le prime pedalate, Luisa si chiedeva se sarebbero davvero riusciti ad arrivare a destinazione, ma ancor più quale veramente fosse la destinazione ultima che correva nella testa di Andrea. Clio invece spensierata pensava ai grandi cedri di Gilgamesh, raccontandosi quasi da sola la sua saga. L’entusiasmo di certo non mancava ma, dopotutto, erano la prima volta che si trovavano a lavorare tutti insieme, un gruppo di persone così diverse, accomunate solo dalla passione per gli alberi e dal sogno che Andrea aveva, come suo solito, solo fatto loro intravedere.

Dopo mezz’ora di pedalata buona si ritrovarono al guado. Igor si incaricò di chiudere la fila. Tutti passarono allegri gridando tra gli schizzi di acqua, mentre Carlo, Tommy, Ariela e Paola riprendevano il tutto.

Adesso è il mio turno” Pensò infine Igor, mentre si preparava ad attraversare i flutti turbolenti dai riflessi argentati. Gli altri stavano già andando avanti. Begli amici! Con il carretto carico dell’attrezzatura non sarebbe stato facile con tutti quei sassi. Neanche a farlo apposta, nel bel mezzo del passaggio il piccolo rimorchio si rovesciò. “Merda!” gridò lo zingaro! Sicuro si fosse bagnato il resistograph Andrea lo avrebbe affogato! Stava per imprecare ancora quando in suo soccorso arrivò Clio che, una volta appoggiata la bici dall’altra parte del guado, non esitò ad aiutarlo a tirare fuori il mezzo e il carico dall’acqua. “Dovresti fare meno il vanitoso” Esclamò l’elfo-fata con la sua inconfondibile parlata strana fatta di italiano, triestino, friulano, appena furono di nuovo in marcia. “Cosa intendi dire?!” “Dico solo che non è che siccome sei così grosso, per forza devono essere grossi anche i tuoi bagagli”. I due si misero a ridere, mentre pedalando l’acqua gli usciva dalle scarpe tutte inzuppate.

Alla fine non tutti i mali vengono per nuocere, pensò Igor.

Il viaggio proseguì sereno e tranquillo fino alla piazza di Tavagnacco.

Ad accoglierli c’era Stefano, responsabile del verde pubblico di Tavagnacco, piuttosto agitato per la sua pianta e, probabilmente, per il suo posto di lavoro. “Ciao ragazzi”, esordì “per fortuna siete arrivati subito, l’anno scorso il cedro sembrava aver ripreso, anche il colore delle foglie non era male, ma adesso mi pare sia regredito…”. Andrea rispose “Ok adesso vediamo, facciamo i rilievi e ti so dire” poi gridando “ forza ragazzi, preparate il materiale, mettiamo le funi e saliamo a vedere cosa ci dice questo gigante”.

Fu in quel momento che Luisa si accorse. ”Andrea “ gli disse sottovoce “ci siamo dimenticati i caschi” . “Non è possibile! Cazzo! Ogni volta dimentichiamo qualcosa!” Claudio si accorese che la situazione era grave. Senza caschi non si poteva lavorare, “Dai torno su io, intanto voi mettete le corde”. Incazzatissimo per l’inconveniente Andrea come un leone in gabbia andava su e giù… Gli altri un po’ sconsolati preparavano tutta l’attrezzatura. Il lancio del sagolino (il piccolo filo con un sacchetto di piombo in cima che, una volta lanciato su un ramo, serve per far passare la fune di risalita, tecnicamente la fune di lavoro), anche a causa dell’imprevisto che aveva rotto il finto clima sereno e rivelato il serpeggiante nervosismo, si rivelò più duro del previsto… Andrea oltrepasso con un gran tiro tutta la cima… oltre 30 metri di volo… ma il sacchetto si impigliò in un ramo. Solitamente tirando e armeggiando un po’ da terra si riesce a recuperarlo . Ma, questa volta, con un sordo schiocco un grosso ramo si ruppe e arrivò a terra portandosi dietro il sacchetto e la sagola. Andrea guardò il ramo e una bestemmia gli morì in gola. Tutti si avvicinarono. Le foglie erano verdi, ma più piccole. Il legno quasi asciutto. Calo continuava a filmare.

Come mai si è rotto?” chiese Clio. “Non mi pare un buon segno vero?” incalzò Igor. “NO” fu l’unico commento che il burbero incazzato uomo riuscì a dire, mentre fissava il ramo rotto con rabbia e desolazione. La situazione era sicuramente grave … aspetto un po’ rigirando il ramo tra le mani e osservandolo.. poi avvicinandosi a Igor gli disse sottovoce:

Ascolta, dobbiamo mettere le sagole molto bene, all’ascella dei rami. Qui rischia di collassare tutta la cima. Ma non dirlo agli altri”.

Seguirono nuovi e ripetuti lanci, fino a che almeno due corde furono pronte per scalare l’albero.

Il tempo perso a mettere bene le corde era bastato a Claudio per andare e tornare con i caschi.

Lo zingaro fu il primo a salire, lentamente e senza strappi, fino alla cima. Il secondo fu Andrea, che si arrampicò con foga, per scaricare il nervoso che lo aveva preso, dopo aver gridato le ultime istruzioni a Luisa e Elia sull’utilizzo di Georol e sui dati da raccogliere. Una nuova corda venne installata, anche Clio, delicatamente salì, portando il materiale per le misurazioni.

Arrivati al punto della strozzatura Andrea Clio e Igor si resero subito conto di cosa non andava. La pianta, debilitata dalla profonda ferita causata dal vecchio cavo in acciaio, non era riuscita a ricostruire sufficiente tessuto per congiungere le due parti e saldarle tra loro. Come se non bastasse, un picchio verde aveva approfittato immediatamente di questa situazione di debolezza della pianta per creare la sua tana nel legno più fragile e senza difese.

La tana era profonda oltre 20 cm e si espandeva sopra la ferita occupando buona parte dei tessuti interni del fusto. Il bellissimo ospite però se n’era già andato con i suoi piccoli e aveva lasciato in eredità al povero albero solo quella terribile cavità.

Andrea intuì che non c’era più nulla da fare per salvare la punta dell’albero ma assieme a Clio prese comunque tutte le misure necessarie per supportare la sua diagnosi. Salì anche Claudio .” Fai attenzione con quel resistograph! Da solo costa come tutto il resto dell’attrezzatura!” sbraitò il Numero Uno dalla cima della pianta.

Era piuttosto nervoso. Era sempre nervoso, ma ancor più quando doveva prospettare un intervento che non avrebbe voluto fare. In cuor suo aveva sperato che la pianta ricostruisse i tessuti mancanti, ripristinasse i collegamenti tra le due parti, come aveva visto fare più volte in natura. Invece no. Il picchio aveva vanificato tutto il loro lavoro e non riusciva a darsi pace. Gli oltre sei metri di punta sopra la ferita dovevano essere tagliati, tutta la pianta doveva essere potata e ricostruita in funzione di quella perdita…

E mentre Igor tagliava alcuni rami secchi, Andrea scese a portare la notizia. Stefano, che seguiva i lavori da sotto, aveva già intuito, ben sapendo che spesso la tutela della pubblica incolumità predomina sulle necessità della pianta. Sotto quell’albero maestoso infatti, ogni giorno giocavano molti bambini e due volte all’anno si faceva perfino la sagra del paese. Era anche conscio che comunque avevano tentato un’impresa quasi impossibile, ovvero “riattaccare” sei metri di punta a un enorme cedro…

Ma era bastato un picchio col suo petto rosso e la sua schiena verde.

Era bastato un piccolo grazioso uccello…in confronto a un gigante di oltre 30 metri … a cambiare le carte in tavola, a ricordare a tutti che la natura è in grado di fare miracoli, ma l’uomo li può copiare solo a volte, con molta umiltà, e non sempre con gli stessi effetti e la stessa forza ed energia che la Natura sa distribuire a piene mani.

Un picchio verde era arrivato a dirci che la vita può continuare in altre forme, anche molto diverse da quelle che ci si aspetta. E che la bellezza può essere un grande cedro che svetta per trenta metri col suo apice proteso verso il cielo… ma anche un piccolo uccello che spicca il volo dal suo nido nascosto in un tronco cavo.

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